Riapriremo i Musei, ritorneremo a visitare le mostre, ma sarà tutto come se nulla fosse successo?
Senza cultura non si vive
L’esperienza dell’emergenza del Coronavirus, le paure, i dolori, i drammi umani e sociali diventeranno un ricordo prima che pagine di storia del terzo Millennio.
Saremo tutti impegnati della ricostruzione del tessuto sociale ed economico del nostro Paese, a partire dalle realtà locali per arrivare all’intera comunità mondiale.
Avremo tempo per valutare come questa emergenza avrà impattato anche sulle nostre abitudini culturali. Dovremo riflettere infatti su quale sia stata la cultura che fino ad oggi ci è stata proposta dai mezzi di comunicazione di massa, sui modi in cui viene distribuita dalle reti nazionali. Dovremo riflettere sulla durata dello spirito patriottico prodotto dalle emozioni di immagini di comunità che si ritrovano unite cantando dalle finestre, immagini diffuse da emittenti televisive e da infiniti rimandi della rete di comunicazione social.
Quanto questo spirito di identità comunitaria guiderà la vita futura?
Certamente qualcosa è cambiato nel cosiddetto mondo della cultura.
Per molti operatori la lunga quarantena dell’#iorestoacasa non ha ridotto i carichi di lavoro né aumentato la disponibilità del tempo libero.
Quanti sono gli operatori che in tutta Italia sono stati chiamati a virtuali banchi di scuola per affrontare una formazione accelerata su materie che, se sono pane quotidiano per i giovani Millennians o Net Generation, non sono certo facili per la stragrande maggioranza di quanti oggi operano nei musei, nei parchi archeologici, nelle biblioteche, nei teatri e nello stesso mondo del cinema.
Una formazione in materia di Web e social che ha permesso a molte realtà culturali di mantenere i contatti con il pubblico, anzi di creare un nuovo tipo di relazione che apre nuovi scenari anche per il futuro.
Il riconoscimento dell’importanza del digitale e la scoperta della comunicazione social, per molte realtà ha aperto orizzonti nuovi offrendo un duplice ordine di riflessioni:
da un lato ha aperto strade nuove per individuare il pubblico, escogitare una strategia efficiente per raggiungerlo, capire come organizzare i contenuti secondo i diversi mezzi;
dall’altro, il livello di risposta del pubblico a questo nuovo modo di offrire “Cultura” traduce quello che finora era una convinzione chiara per pochi in una presa di coscienza pubblica sul ruolo della cultura nella società. È cresciuta la coscienza che la cultura, in tutte le sue forme, è alla base del senso di appartenenza alla comunità di gruppi di persone. La cultura è elemento fondante di quel valore identitario che è alla base della vita sociale.
Per paradosso, a quel ministro che diceva “con la cultura non si mangia” potremmo oggi rispondere “senza cultura non si vive”,
Con questa convinzione affronteremo la sfida del rilancio dei progetti espositivi del Palazzo Vescovile di Portogruaro.