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Venezia, fino al '700 leader nell'industria tessile e nella seta

Tessuti eccellenti tra storia e futuro

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Tessitura Bevilacqua

BROCCATI, DAMASCHI, RASI, VELLUTI, tessuti preziosi, pregiati, stoffe raffinate e ricercate in tutta Europa da famiglie reali, nobili cortigiani, ricchi mercanti per arredare le proprie abitazioni o indossare abiti invidiabili e attraverso i quali mostrare il proprio potere politico o economico.

Tessuti prodotti a Venezia che hanno concorso, non poco, ad arricchire i mercanti della Serenissima perché Venezia è stata leader dell’industria tessile e della seta fino al Settecento.

Ma quali erano le caratteristiche di quei tessuti e quale l’arte di chi quei tessuti lavorava?

La loro preziosità era data dal valore della materia usata, seta e fili d’oro, e dalla maestria degli artigiani capaci di trasformare in fili raffinati i bachi da seta e i lingotti d’oro e poi di tesserli ad arte. Sono chiamati anche tessuti auroserici, che si ottenevano tessendo assieme i fili della seta e i fili d’oro o d’argento.

In quei tempi chi lavorava nel settore aveva buona incidenza nell’economia e si organizzava in potenti corporazioni di specialisti: filadori, battiloro, samiteri, veludari indicano gli antichi mestieri veneziani dalla cui arte uscivano tessuti tanto raffinati.

I Filadori, la cui abilità consisteva nell’ottenere dal baco un filato sottile senza con questo limitare la resistenza; poi c’erano i Battiloro, che offrivano i fili del metallo prezioso, battendo l’oro o l’argento fino a tenere lamine sottilissime che poi venivano tagliate in fili sottili, quindi i Samiteri maestri della tessitura, capaci di intrecciare seta ed oro o argento con grande abilità e precisione oppure i Veluderi, tessitori di velluto, che diventa presto un monopolio veneziano, ricercato per la bellezza dei decori caratterizzati da accostamenti cromatici vistosi e da caratteristici elementi decorativi orientali come la foglia frastagliata o la palmetta.

La crescente richiesta di tessuti prodotti dall’industria tessile veneziana, per la loro qualità e bellezza, fece crescere in breve tempo l’arte della tessitura al punto che gli operatori iscritti alla corporazione che già del Trecento univa i vari operatori tessili, passarono da circa 500 a fine ‘400 a oltre 1200 a metà del ‘500.

Ma erano molti di più, diverse migliaia, i veneziani impegnati in questa ricca industria: i mercanti che procuravano le materie prime, lingotti d’oro e seta, e poi distribuivano i tessuti intrattenendo rapporti costanti con i commercianti e le corti delle principali città europee; i cocitori, addetti a sbiancare la seta estratta dalle crisalidi immerse in acqua bollente, i tintori addetti a colorare i tessuti con le tinture migliori, i filatori e lavoratori e lavoratrici a domicilio.

Tutto era seguito però con attenzione dalle autorità.

I Veneziani erano talmente gelosi che tutte le fasi della lavorazione della seta si svolgessero a Venezia e fossero rigorosamente controllate che nel 1450 emanarono una legge sulla qualità della seta da usare nei suoi tessuti e sulla lavorazione dei tessuti stessi.

Solo in questo modo riuscì per secoli a garantire che broccati, damaschi, rasi e velluti che uscivano da Venezia fossero veramente i migliori d’Europa.

Certo l’industria tessile veneziana non ha più le dimensioni di allora, ma esiste ancora e prospera, non in quantità, ma certo in qualità, ancora ricercata a livello internazionale.

Si pensi a Rubelli S.p.A., azienda veneziana, leader nell’ideazione, produzione e distribuzione di tessuti d’arredamento di alta gamma, che nel 2005 ha riprodotto alcuni degli abiti settecenteschi indossati dai personaggi ritratti da Pietro Longhi e li ha esposti in un interno suggestivo della Venezia di quel tempo: la casa-museo della Fondazione Querini Stampalia, per la quale la Rubelli ha anche realizzato tutti i tessuti che ne decorano le stanze.

Peraltro a Rubelli si devono molte delle conoscenze attuali di quest’arte. La Collezione Storica e gli Archivi Rubelli raccolgono infatti oltre 6.000 documenti tessili databili tra la fine del XV e la prima metà del XX secolo.

Parte della collezione è costituita dall’archivio storico Rubelli che custodisce gelosamente le testimonianze della produzione dell’azienda dalle origini: tra queste, i preziosi velluti in seta eseguiti per la Casa Reale agli inizi del Novecento e numerosi altri tessuti scaturiti dalla creativa collaborazione con illustri artisti, architetti e designers come Vittorio Zecchin, Guido Cadorin, Umberto Bellotto e Gio Ponti.

Integra la raccolta tessile il nucleo grafico dell’archivio, composto da diverse centinaia di schizzi e disegni preparatori per tessuti e da oltre 2.000 messe in carta, carte tecniche per la tessitura dipinte a mano, datate dalla fine dell’800 agli anni ’50.

Altra azienda veneziana che tiene alta la tradizione è la Tessitura Bevilacqua che ha recentemente avviato una collaborazione con il mondo della moda, proprio usando velluto veneziano lavorato con fili d’oro.

Nel 2012 ha infatti realizzato il tessuto per l’abito della collezione Dolce e Gabbana indossato da Monica Bellucci per un servizio fotografico dedicato all’alta moda italiana e al suo rapporto con il futuro.

Sicuramente non si tratta di un abito per tutti i giorni ma è la prova di come anche le tradizioni più antiche di Venezia possano risultare vive anche oggi.