Quante volte mi sono chiesto cosa prova una persona, abituata alle bellezze dell’arte classica e rinascimentale, di fronte ad un’opera delle avanguardie contemporanee
CAPIRE L’ARTE. SI PUO’? (Parte prima)
Non penso solo alle opere visive, quelli in cui l’artista usa tele e colori per rappresentare gli esiti della sua ricerca anche in modi “non convenzionali”. Penso anche ad opere in cui la materia usata è la più varia, dal Water d’oro di Maurizio Cattelan alla merda d’artista di Piero Manzoni, ai più impensabili oggetti di recupero sottratti ad una discarica usati da molti artisti nelle loro composizioni.
Penso ancora ad opere immateriali, quelle di cui si conserva solo la documentazione fotografica o video. Penso alle performance dell’artista Marina Abvramovic; le sue azioni sono arte performativa, che non possono essere conservate in quanto tali, non potendo conservare la consistenza dell’atto in sé nel tempo.
Mi immagino un giovane che ha avuto l’opportunità di ammirare, da vicino e con tutto il tempo necessario per far entrare l’impressione nella mente e nel cuore, gli affreschi di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova, o le stanze di Raffaello in Vaticano, o i grandi teleri di Tintoretto alla scuola grande di San Rocco a Venezia. Potrei continuare l’elenco senza fine, tante sono in Italia le occasioni e i luoghi ove sono presenti grandi opere classiche.
Penso a questo ragazzo che ora entra nell’ex seccatoio del Tabacco nell’immediata periferia di Città di Castello.
E’ lo stesso ambiente che nel 1966, in occasione della grande alluvione a Firenze accolse i volumi della Biblioteca nazionale, capolavori del pensiero umano, per metterli in salvo dall’acqua e iniziare i restauri. Ora quegli spazi ospitano una parte del Museo della collezione di Alberto Burri, artista nato nel 1915 e morto nel 1995. Un artista famoso, le cui opere sono in Musei e collezioni pubbliche e private in tutto il mondo, artista che in vita ha esposto nelle principali e più prestigiose istituzioni museali e culturali a livello internazionale.
Il ragazzo entra e certamente riconosce un esemplare recupero di archeologia industriale.
Poi cerca le opere.
E non si trova ad ammirare un paesaggio veneto di Cima da Conegliano, o le perfette proporzioni architettoniche dei grandi telai di Veronese o le immagini mistiche delle madonne di Bellini.
Quale sarà la sua reazione quando si troverà di fronte opere in cellotex, una sorta di impasto di plastica e legno sulla cui superfice l’artista interviene con scalfitture e incisioni che sollevano la pellicola esterna, oppure li brucia (Combustioni), o i sacchi di juta rattoppata e ricucita, o i cretti, impasti di creta disseccata e spaccata da fessure ?
Ripulsa?
Rifiuto?
Dubbio?
Riflessione?
Rifiuterà il dialogo con le opere e uscirà schifato dal Museo? Se così fosse consiglierei quel ragazzo a non visitare i tanti Musei, Istituzioni e gallerie d’arte che ogni giorno, in tutto il mondo, presentano mostre tematiche, personali, retrospettive, antologiche di arte contemporanea
Oppure sarà preso dal dubbio e rifletterà: “forse sono io che non capisco queste manifestazioni dell’arte contemporanea”
Io credo che la reazione del ragazzo sia questa.
Legittima ne consegue la domanda:” di chi la responsabilità? Perché a questo ragazzo non sono stati forniti gli strumenti per comprendere queste forme di espressione della creatività umana?”
Forse il suo atteggiamento di dubbio parte dalla considerazione che opere contemporanee apparentemente incomprensibili come quelle di Burri o di qualsiasi altro esponente delle avanguardie artistiche del Novecento, fanno bella mostra di sé in prestigiosi Musei internazionali, sono vendute alle aste a cifre di sei zeri, sono oggetto di ammirazione e di studio da parte di storici e critici d’arte.
Secondo me il fatto che il ragazzo non sia scappato dal Museo si può considerare un segno positivo che mostra una mente aperta ed equilibrata.
Quella stessa che permette al giovane di affrontare i mille problemi della società contemporanea con spirito costruttivo capace di guardare con fiducia al futuro e non piangere solo sul passato.
Porre in dubbio sé stesso e non le opere, avere un atteggiamento di dubbio ma animato dalla disponibilità a capire è segno di intelligenza, di una mente aperta ed equilibrata, che vuole superare i confini delle proprie conoscenze e aprirsi a nuovi confini.
Immagino ora di essere io quel ragazzo e mi viene spontanea le domande
Cos’è l’arte?
Cosa deve rappresentare?
Qual è il confine che delimita lo spazio dell’arte dalle improvvisazioni e dai dilettantismi?
Quali sono gli elementi che fanno di un’azione un’opera d’arte?”
Non credo esistano risposte univoche a queste domande, tanti i punti di vista critici, tanti i dibattiti ancora aperti tra gli esperti, tanti i dubbi che ancora confondono le idee.
Non pretendo di avere risposte da dare alle domande di quel ragazzo, ma posso offrire qualche ulteriore riflessione.
“L’arte è rappresentazione della realtà” questa affermazione dovrebbe valere per ogni forma di espressione artistica, in ogni tempo, con qualsiasi strumento si esprima.
Lo sono le pitture e incisioni rupestri che ignoti nostri avi hanno realizzato in grotte disseminate in varie parti del mondo a partire dai periodi preistorici del paleolitico.
Lo sono i ritratti cinquecenteschi di sovrani, papi, cardinali, principi e condottieri di Tiziano, o le rappresentazioni bibliche di Beato Angelico e della pittura di ogni tempo nel mondo cristiano.
Lo è l’arte calligrafica orientale come tutte le forme espressive delle popolazioni del Mondo.
Lo sono anche le opere cubiste di Picasso, quelle metafisiche di De Chirico, quelle surrealiste di Dalì, come gli sgocciolamenti di Pollock o i tagli di Fontana, i sacchi di Burri o gli omini di Haring. L’elenco sarebbe infinito.
Ciò che non può mancare in ogni opera che si possa definire d’arte è la capacità di regalare emozioni
La prima domanda è allora se unico scopo dell’opera d’arte debba essere quello di procurare piacere a chi la osserva o avere qualcosa da raccontare, avere una sua funzione, e un suo scopo, collegato al tempo e al luogo, ove le modalità di esecuzione possono essere le più varie e rappresentano lo strumento più immediato al suo raggiungimento.
Dunque, quale realtà rappresenta l’arte?
Una rappresentazione evidente delle cose naturali, quello che vedono gli occhi?
O anche quello che può leggere la mente, il cuore e quella parte segreta e profonda di noi che esiste ma che non conosciamo compiutamente?
“L’artista è prima di tutto un imitatore della natura” diceva Moravia parlando di uno scultore ceramista informale come Leoncillo (1915-1968).
Hopper(1882-1967), il pittore degli interni di ambienti e dei paesaggi americani affermava” Non dipingo quello che vedo ma quello che provo”
Andando indietro nel tempo il genio Leonardo (1452 -1519) diceva “La pittura è cosa mentale”, e nella mente c’è il mondo razionale ma anche quello irrazionale, aggiungiamo noi.
Certamente valgono tutte, ma come?
Inoltre, cosa deve raccontare l’arte?
Raccontare, attraverso immagini, storie reali o mitologiche, rendere comprensibile il contenuto della tradizione religiosa o di opere letterarie?
O anche spingere a pensare, a riflettere sulla contemporaneità, quella quotidianità che ogni uomo vive sulla sua pelle in ogni tempo?
Meditare sulla nostra civiltà e sul mondo che ci circonda?
E ancora aiutare a superare la scorza del mondo visibile per cercare quella realtà, fatta di emozioni, tensioni, paure, speranze, ma anche di vuoto e di noia che è dentro ciascuno di noi?
Certamente l’arte, in ogni tempo, ha il merito di veicolare un’idea e soprattutto di stimolare una discussione su argomenti che possono anche essere di attualità.
Il David di Michelangelo a Firenze non fu solo un capolavoro di abilità tecnica ma anche immagine della neonata Repubblica fiorentina, simbolo stesso della libertà che vince contro la tirannia.
O pensiamo a quante Pale d’altare sono state realizzate, dopo grandi eventi tragici, per farsi carico delle angosce dell’uomo che si rivolge al cielo, un mezzo per arrivare a Dio attraverso la Madonna o i santi.
Elementi per riflettere non mancano.
Sarà interessante in seguito passare al filtro di queste riflessioni le opere di autori diversi di ogni tempo e luogo, dall’antichità alla contemporaneità, per cogliere, se ne saremo capaci, l’essenza del loro essere opere d’arte.